Il mal di schiena
Il mal di schiena
Risponde alle domande il Dott. Stefano Negrini
Responsabile della Segreteria Scientifica
A cosa ci serve la colonna vertebrale?
Come lo stesso termine "colonna" suggerisce, una delle principali funzioni della colonna vertebrale è quella di sostenere il peso della testa e del tronco e garantire la stabilità di tutta la parte superiore del corpo (tronco/arti). Inoltre costituisce - come il cranio per il cervello - la "scatola" che protegge il midollo spinale e le radici nervose che, scorrendo al suo interno, collegano il sistema nervoso centrale alla periferia. Terza importantissima funzione è consentire, attraverso il complicato gioco di diverse strutture, i movimenti della testa e del tronco, e l'assorbimento delle sollecitazioni meccaniche che derivano dalla stazione eretta e dalla deambulazione.
Come fa a garantire questa molteplicità di funzioni?
Il problema non è tanto la molteplicità, quanto la contradditorietà tra le funzioni di sostegno e quelle di mobilità. L`equilibrio di queste funzioni contradditorie è consentito dalla particolare conformazione della colonna, dalla sinergia di una grande varietà di strutture e da un controllo molto sofisticato da parte del cervello.
Quali sono queste strutture?
L'unità base della colonna vertebrale sono le vertebre, strutture ossee che, viste anteriormente, costituiscono i "mattoncini" (corpo vertebrale) cui è affidata la stabilità della colonna, e, nella parte posteriore, presentano una serie di propaggini (processi trasversi/spinosi) cui si attaccano i muscoli. Contraendosi, i muscoli generano il movimento tra una vertebra e l'altra; la sommatoria di questi piccoli movimenti si traduce nel movimento complessivo della colonna. Le vertebre sono separate dai dischi intervertebrali, strutture uniche all'interno del corpo umano, composte da un nucleo costituito essenzialmente d'acqua avvolto in una tunica fibrosa, che si comportano come ammortizzatori idraulici capaci di distribuire ed assorbire le sollecitazioni meccaniche date dal movimento e dalla stazione eretta, che è poi la causa principale di tanti dei nostri mal di schiena.
Perché?
Perché è proprio dalla stazione eretta che deriva la principale difficoltà intrinseca del tratto lombare della colonna: è a causa sua infatti che la colonna ha assunto la sua caratteristica conformazione a curve. Ma poichè l'uomo è in piedi da un tempo relativamente breve, la colonna non ha ancora trovato il proprio assetto ideale. Questa evoluzione per così dire "imperfetta" spiega gran parte dei mal di schiena.
Ed eccoci al punto. Che cos'è allora il mal di schiena?
Il mal di schiena, o meglio, la lombalgia, che colpisce il tratto lombare della colonna vertebrale, è un dolore localizzato all'altezza della vita, che può farsi sentire più da un lato che dall'altro e che può irradiare ai glutei o anche lungo tutta la gamba quando diventa sciatica. A seconda della durata della sintomatologia dolorosa, la lombalgia viene divisa in acuta e cronica. La fase acuta dura in genere una quindicina di giorni ed è normalmente dovuta ad una lesione di una o più delle strutture che compongono la colonna vertebrale. Nel caso della cronica subentrano altri problemi che si possono riassumere nel fatto che la colonna non riesce più a ritrovare il suo delicato equilibrio e dunque si trova in uno stato di sofferenza permanente. È importante però dire che qualunque componente della colonna vertebrale (come ogni altro osso, legamento, struttura del nostro corpo), ripara di norma nel giro di 20/25 giorni. Se però questa riparazione non è perfettamente funzionale, il dolore può persistere.
Ma quand'è che si scatena il mal di schiena?
In linea generale possiamo dire che il mal di schiena acuto può venir fuori o per uno sforzo improvviso ed importante che la colonna non riesce ad assorbire correttamente (è il caso del cosiddetto "colpo della strega"), o per sommatoria di piccoli sforzi che finiscono per sovraccaricarla. Di fatto possiamo paragonare la colonna a un complesso orologio di precisione: quando uno solo - anche piccolissimo - dei pezzi che lo compongono va fuori fase, l'intero meccanismo può risultarne compromesso. Il punto è che la colonna è un "orologio" composto di ben 900 diversi pezzi ! (tanti sono i tipi di tessuto che la compongono). Dato il grande numero di cause teoriche allora, ed escluse poche cause gravi - quelle sì individuabili - non siamo in grado di determinare con certezza dove sia lo squilibrio che causa il dolore. Va però detto che la lombalgia acuta si può risolvere quasi sempre rapidamente. Inoltre sono stati chiaramente individuati alcuni fattori di rischio ed alcune patologie predisponenti.
Quali?
Alcuni di questi fattori sono genetici, altri però sono legati al comportamento. È provato che fumo e mancanza di movimento "asfissiano" il disco intervertebrale. Questa struttura infatti, proprio per assolvere la sua funzione, costituisce un sistema chiuso, vale a dire che non riceve ossigeno e nutrimento direttamente dal sangue, ma solo dai tessuti circostanti, ovvero dalle vertebre. Fumo ed inattività allora risultano dannosi; il primo perché riduce l'ossigenazione dei tessuti, la seconda perché è proprio il movimento che attiva un meccanismo a pompa che - al contrario - favorisce l'afflusso di ossigeno. Anche il sovrappeso è da evitare perché sovraccarica di lavoro le vertebre lombari. Altrettanto importante è imparare ad assumere posizioni corrette che rispettino la conformazione della colonna vertebrale. Dicevamo che, da quando l'uomo ha assunto la posizione eretta, la colonna ha il problema di assestarsi sui due piedi. Negli ultimi 100 anni si è aggiunto anche il problema di stare seduti! Quella seduta infatti, è una delle posizioni più difficili per la colonna proprio perché non ne rispetta la naturale curvatura.
Quali sono le patologie che possono predisporre al mal di schiena?
L'artrosi, che di per sè altro non è che un segno dell'invecchiamento fisiologico, può predisporre al mal di schiena; così come un'ernia del disco, un canale vertebrale stretto o una "spondilolistesi". Dunque ci sono delle situazioni anatomiche che possono predisporre al dolore. Tuttavia è della massima importanza chiarire che non c'è alcuna corrispondenza tra entità dell'eventuale patologia e quantità di dolore; vale a dire che ernie grandi e canali stretti non necessariamente si accompagnano a dolore. Al contrario una schiena apparentemente in ordine può fare anche molto male.
Ma allora uno quando ha mal di schiena che fa?
Va dal medico, il quale, in primo luogo, ascolterà attentamente la storia clinica del paziente che gli riferirà dove ed in quali situazioni sente dolore. Poi valuterà l'articolarità della colonna chiedendogli di effettuare - sia in piedi che disteso sul lettino - movimenti di flesso/estensione. Infine procederà all'esame neurologico del paziente valutandone i riflessi e le risposte muscolari alla richiesta di movimento, ed effettuerà un'accurata palpazione della colonna vertebrale per individuare con precisione il punto da dove irradia il dolore. Se - come probabile - l'esame clinico non rivelerà alcuna causa grave, consiglierà una giusta dose di attività fisica, qualche trattamento fisico sotto la guida di mani esperte (fisioterapia, manipolazoni, ginnastica, rieducazione posturale), e qualche pausa di riposo quando il dolore si fa più intenso. Il mal di schiena sparirà comunque nel giro di qualche settimana, ma, per accelerarne la regressione, il medico potrà prescrivere un farmaco antidolorifico o antinfiammatorio. Togliendo il dolore infatti si favorisce un precoce recupero completo del movimento che, a sua volta, facilita l'autoguarigione.
E non ci prescriverà degli esami da fare; una TAC, una Risonanza Magnetica?
Va chiarito che questo tipo di esami, da soli - cioè senza l'esame obbiettivo del medico - non solo sono inutili, ma possono anche ingannare perché ci danno sì delle informazioni sullo stato della nostra colonna, ma non individuano l'origine del dolore. Il medico allora li prescriverà solo se sospetta la presenza di una patologia grave per la quale cerca una conferma negli strumenti di diagnostica per immagini.
E’ possibile che da un episodio acuto si arrivi ad uno stato di sofferenza cronica?
È possibile, ed il punto cruciale è proprio questo; bisogna evitare che il dolore cronicizzi. La prevenzione delle recidive è possibile grazie a quella che è stata codificata come "back school" cioè una buona educazione funzionale della schiena che si può ottenere con un numero relativamente ridotto di sedute di ginnastica mirata alla corretta impostazione posturale ed ergonomica della colonna vertebrale Una volta appresa la tecnica insegnata da rieducatori esperti, il paziente acquisirà da sè la capacità di mantenere posizioni corrette, sollevare correttamente i pesi ed in generale gestire opportunamente la propria postura e tono muscolare. La lombalgia pero può cronicizzare non solo per un susseguirsi di episodi acuti sempre più ravvicinati nel tempo; ma anche perché - magari dopo un episodio acuto particolarmente intenso - non si riesce più a venirne fuori: vuoi per motivi fisici, legati al dolore, ma anche per cause psicologiche legate alla percezione del dolore stesso.
Cioè?
Cioè si innesca un circolo vizioso (decondizionamento) per cui la persona che ha sempre mal di schiena, che collega questo male al movimento, o che ha ricevuto l'erroneo messaggio di "non fare" per non scatenare il dolore, finisce per fermarsi e - fermandosi - perde progressivamente le proprie capacità funzionali. Ovviamente meno fa e peggio si sente anche emotivamente. Il riposo assoluto, soprattutto se per lunghi periodi, è allora assolutamente sconsigliato perché, riducendo le richieste fiunzionali alla propria colonna, si finisce per ridurne anche la capacità di fare. Ricordiamo che la colonna vertebrale non solo è conformata per muoversi, ma è dal movimento che dipende la sua vitalità. Questo non significa fare gli eroi, imporsi sforzi agonistici, ma adottare uno stile di vita che commisuri gli sforzi richiesti alle capacità disponibili.
Sembra facile a dirsi, ma come si fa in concreto?
Con quello che noi medici chiamiamo il "ricondizionamento", cioè la rieducazione della colonna vertebrale attraverso esercizi mirati al recupero della sua piena capacità funzionale. Questi esercizi andranno fatti sotto la guida di personale esperto, anche perché - soprattutto all'inizio del ciclo di terapia (che in genere dura come minimo 3/4 mesi) - è possibile che il paziente provi dolore, ed è essenziale che il terapista si accerti che il dolore sia legato alla "rimessa in moto" della schiena e non rappresenti invece l'effetto di una nuova lesione. Il ricondizionamento dunque, lavora su tutte le componenti organiche della colonna vertebrale, rinforzando i muscoli e recuperando l'articolarità e quindi l'ampiezza e potenza del movimento. Ci sono macchine (per esempio la DBC) che possono rendere il ricondizionamento più veloce e mirato; ma è essenziale che, finito il ciclo di terapia, il paziente continui a fare attività fisica (naturalmente commisurata alle proprie capacità) per non perdere i benefici acquisiti. Oltre al corpo bisogna "ricondizionare" anche il cervello che significa imparare a gestire il dolore piuttosto che subirlo.
Ma accanto a queste tecniche di riabilitazione esiste un ruolo anche per la chirurgia?
Se la riabilitazione ben fatta non è riuscita ad avere ragione di un dolore cronico invincibile collegato a movimenti - anche minimi - della colonna, si potrà procedere ad un intervento di "artrodesi" che prevede l'immobilizzazione delle vertebre da cui origina il dolore. Il dolore sparisce o si attenuta notevolmente, ma al prezzo dell'immobilità del tratto di colonna interessato. Di fronte ad un'ernia che dia un dolore sciatico ed in cui una buona riabilitazione non sia riuscita a risolvere la situazione, l'intervento chirurgico otterrà la remissione del dolore alla gamba, ma potrà residuare dolore alla schiena manomessa. Indicazioni chirurgiche si possono dare in presenza di un canale vertebrale stretto o di un'ernia grave che - comprimendo le radici nervose - diano importanti complicazioni neurologiche (incontinenza, impossibilità di deambulazione). Dunque esistono soluzioni chirurgiche che possono risolvere problemi di trasmissione nervosa di impulsi che si "inceppano" a livello del tratto lombare della colonna, ma il dolore - la lombalgia vera e propria - rimane un mistero. Per questo il solo mal di schiena non può costituire un'indicazione corretta all'intervento chirurgico.