Quel dolore al collo che non passa: la cervicalgia
Il dolore cervicale ha sempre ricevuto un’attenzione minore da parte dei ricercatori rispetto alla lombalgia, nonostante i dati di prevalenza di questo disturbo siano simili a quelli del dolore lombare. A causa della cronicizzazione di un numero elevato di casi, cervicalgia e lombalgia contribuiscono insieme alla maggiore spesa sanitaria nei paesi industrializzati.
La letteratura scientifica propone una suddivisione generale del dolore cervicale in due categorie: la cervicalgia derivante da un evento traumatico e quella non traumatica. Gli studiosi non concordano invece su una classificazione più specifica, necessaria per un adeguato inquadramento del paziente e per la proposta del trattamento che abbia, nel caso specifico, la massima efficacia.
La cervicalgia non traumatica comprende sia le algie determinate dalla fisiologica degenerazione delle strutture sia quella derivante da sovraccarichi, determinati da posture eccessivamente protratte nel tempo. A parità di definizione, si tratta di due presentazioni cliniche differenti che necessitano quindi di interventi terapeutici distinti.
La cervicalgia traumatica, il cui esempio emblematico è il colpo di frusta, sono normalmente caratterizzate da un grado maggiore di dolore e di disabilità, di disturbi notturni, di maggiori disagi psicologici e di esiti peggiori, richiedendo quindi interventi più specifici e mirati.
Quale terapia
Le strategie terapeutiche per la cervicalgia comprendono: la terapia psicologica, che si traduce nell’approccio cognitivo comportamentale; i trattamenti passivi, che includono terapia manuale, terapia fisica, agopuntura e farmaci; i trattamenti indiretti, ovvero l’educazione ergonomica; i trattamenti attivi, con le varie tecniche di esercizi. Le ultime revisioni sistematiche hanno dimostrato l’efficacia del trattamento cosiddetto “multimodale”, che include in un unico piano terapeutico l’approccio cognitivo comportamentale, l’esercizio fisico e la terapia manuale.